sogni
nodosi cunicoli contorti fra labirintiche radici d’alberi antichissimi
all’interno anacronistiche macchinine di plastica ocra scivolano veloci fra mille palloni multicolori,
un’evanescente fanciulla che vi corre incespicando, spaventata fugge incerta inseguita dall’ombra
quale tu lo sai
.
poi improvvisa
l’attesa di qualcosa che non sai neppure tu veramente
la folla confusa che ti confonde in mezzo ad un turbinio di polvere e caldo afoso;
nell’allontanarti scorgi quasi per caso due ali d’angelo spuntarle dietro la schiena
e perline di lacrime che solcano e liberano le ciglia e le gravosità
.
catapultato ti ritrovi a districarti fra i corridoi tutti uguali dell’hotel senza nome
il via-vai chiassoso e sinistramente ordinato come seguisse misteriose linee immaginarie
la toilette, è sempre quella che cerchi angosciato alla fine!
quando meno te lo aspetti
come d’incanto ecco l’incontro-scontro
fuori al sole accecante che non si capisce proprio da dove sia spuntato
visto che fino ad un attimo prima il cielo era incazzoso nero di nubi imbronciate
– o forse continua ad andare e venire come più gli piace, il sole, e tu stancamente distratto non ti accorgi dell’incessante melodia armoniosa sottesa –
gli occhi che s’inchiodano e s’intrecciano in uno sguardo senza principio né fine
un leggero bacio quasi sfuggente e tuttavia eternamente tenace
è una ridente farfalla cangiante che si posa,
smarrita solo per gioco;
le parole che escono a mo’ di nuvoletta di fumo
stigmatizzate al rallenty congelato oppure inaspettate come un’assordante fucilata:
“E’ il tuo sguardo, sì è quello: la luce che illumina il tuo sguardo fa la differenza,
non dimenticarlo“
prosegui silenzioso
una tempesta nei pensieri cristallizzati
e la calma dell’oceano prima o dopo quella stessa tempesta nelle mani sapienti
il cuore che respira senza fretta: sta imparando qual è il suo ritmo naturale
lasci cadere quello che più non è
con un gesto solenne, semplicemente
e poi leggero metti un passo dopo l’altro, un passo dopo l’altro
ti ritrovi al feroce galoppo col cappuccio che ti sventaglia e frusta forte sul volto
dall’ampio sogghigno lucente
e la lunga veste che si agita come una bandiera all’arrembaggio
il lontano castello
ora è sempre più reale
perfettamente vero e reale nella sua – e tua – Magnificenza.